domenica

29 Aprile 2012


La fattoria in cui ci hanno portato questi tizi è grande, con tante stanze, una dependance staccata dall’edificio principale e un paio di grossi capannoni usati come stalle o deposito per i macchinari agricoli. Un grande terreno, con orti e recinti per gli animali, il tutto delimitato da un solido muro di mattoni alto circa 3 metri. C’è anche una nutrita colonia di gatti, che sospetto si sia allargata accogliendo dei randagi da quando i legittimi proprietari del terreno sono scomparsi, ed un paio di grossi cani pastori.

Enzo è in convalescenza in una delle camere della piccola dependance, un paio di medici si sono presi cura di lui ed ora è fuori pericolo, ma non camminerà mai più normalmente. Angela adesso è con le altre donne al fiume (che più che altro è un piccolo ruscelletto che attraversa le terre della fattoria) a fare il bucato. Io sto con un gruppo di dieci persone, e stiamo andando in città a cercare qualsiasi cosa utile. Quando hanno sentito il racconto di come ho tirato avanti da quando tutto questo è cominciato, mi hanno messo con il “reparto operativo”. In pratica, di giorno andiamo in giro a tentare di non farci ammazzare e di notte stiamo di guardia lungo il muro che circonda la fattoria.
Ma mi sta bene, cazzo se mi sta bene. Qui ho mangiato pane ancora caldo. Non ho idea di quando sia successo l’ultima volta. C’è un forno a legna qui, con cui ci facciamo il pane, la pizza. Ogni tanto ammazziamo qualche pollo e ce lo facciamo arrosto.
Sono nel fottuto paradiso, e non una volta tutto questo è stato minacciato da quei cazzo di mostri. Certo, ogni tanto qualcuno si fa vedere, ma c’è sempre uno dei nostri di guardia che lo fredda prima che si avvicini troppo. Ma comunque non credo che siano in grado di scavalcare il muro. Il cancello principale, così come quello secondario, è bello solido e bloccato da un grosso trattore, di modo che anche un grosso gruppo di loro non sarebbe mai in grado di sfondarlo.

A bordo del Lince, sulla strada per non so quale centro abitato, l’atmosfera non è cupa. Si scherza, si ride, qualcuno accende un sigaro. Molti sono eccitati, soprattutto i militari (sono una buona parte di noi, ma per lo più siamo civili), che credo si divertano a far saltare un paio di teste. Io me ne sto in disparte, e per questo a volte mi prendono anche in giro, ma io non sono come loro. Sono stanco di tutto questo, ed eviterei volentieri di andare qua e là ad ammazzare cadaveri ambulanti, ma se è il prezzo che devo pagare per avere un letto comodo ed un piatto caldo ogni sera, ben venga.

venerdì

6 Aprile 2012


Mentre arrivavamo qui, abbiamo assistito ad una scena molto particolare.
Il qui sarebbe il “campo base” del gruppo da cui siamo stati non tanto gentilmente prelevati nei tunnel della metro.

Ma ci arriverò a tempo debito.

Eravamo ancora sull’autostrada, spostando facilmente le carcasse delle automobili con il Lince modificato di questi tizi, quando davanti a noi, tra le auto abbandonate e condannate ad arrugginirsi al sole, ci siamo ritrovati un nutrito gruppo di cadaveri, che sentendoci arrivare si sono mobilitati contro di noi. Niente di nuovo, nel nostro bel viaggetto ne avevamo già incontrati altri ed eravamo passati oltre senza tanto preoccuparcene.
Qui però uno di loro stava letteralmente facendo a pezzi gli altri.
Quei bamboccioni brutti e cattivi non ci davano tanta importanza, per loro era come se non esistesse. Avevo sempre pensato a loro come branchi di animali feroci, ma evidentemente ho sempre sbagliato. Se un lupo od un leone morde un altro membro del branco, l’altro fa qualcosa. Loro invece non fanno un cazzo. Pensavano solo ad avanzare verso di noi.
Lo sterminatore invece sembrava quasi provarci gusto, ad affondare un braccio nell’addome di un tizio, spaccare la testa ad un altro e così via. Era un ragazzo normale, abbastanza alto, capelli corti, sangue incrostato sulla faccia e sul torace. Molto sangue, e quasi sicuramente non tutto suo.
Dopo averne ammazzati un numero considerevole, sebbene più o meno lo stesso numero stesse ancora puntando verso di noi, si ferma a guardarci, e dopo una risata scappa via.

Siamo rimasti tutti terribilmente sorpresi, rimanendo immobili e fermi in mezzo alla carreggiata. I pugni sul Lince ci hanno riportati indietro dal mondo dei sogni e siamo ripartiti. Quel cazzo di mostro ci aveva sfidati, guardandoci come se fossimo nullità. A questo siamo arrivati.

E per me non è stata neanche la prima volta, pensavo ricordando quella volta al centro commerciale.