lunedì

29 Agosto 2011

Ieri notte ci siamo mossi verso Pozzuoli. Sono ancora con loro. Ho provato ad andarmene, a sgattaiolare via come un ladruncolo, ma sono stato sorpreso da Miriam. Con la mano sulla maniglia della porta, e uno zaino da campeggio con cibo, armi e vestiti sulle spalle, ho sentito la sua voce dietro di me. “Buona fortuna”, mi ha detto. Sono rimasto impietrito, pensando che se fossi uscito di lì non avrei potuto bloccare la porta, condannandoli ad una morte certa. “Se vuoi farlo io non ti fermerò, forse è meglio morire subito piuttosto che andare avanti così.”. Ed è ritornata a dormire nella sua tenda, con sua figlia e il piccolo Roland, che oramai è di proprietà di Anna. Mi sono sentito un vero coglione, non saprei dire perchè. Il mattino dopo l'ho aiutata a preparare la colazione per tutti, in silenzio. Nessun altro conosce questa storia. Ma ho comunque detto agli altri che avremmo fatto meglio ad andarcene, perchè con le scorte di cibo praticamente finite sarebbe stato inutile rimanere chiusi lì dentro. Saremmo dovuti uscire a cercare qualcosa, o spararci un colpo in fronte e farla finita così. Continuare a fuggire e a nasconderci non ci porterà da nessuna parte, dobbiamo cercare di reagire, di trovare altri sopravvissuti, di fare qualcosa. L'unico modo per riuscire ad andare avanti è accettare la situazione e cercare di affrontarla al meglio.
Abbiamo deciso di muoverci comunque verso il porto: se troviamo qualcuno bene, se non troviamo nessuno, tenteremo di prendere una barca per dirigerci verso le isole e vedere lì com'è la situazione. Ora siamo in una casa in prossimità del porto, ma è molto buio e lì fuori c'è molto movimento, quindi aspetteremo il giorno per decidere il da farsi. Arrivare qui tutto sommato non è stato molto difficile. Tutte le cose indispensabili e le armi le abbiamo caricate in 4 zaini da campeggio, e con il mio Mitsubishi (cristo, mi ha aiutato in un sacco di situazioni!) ci siamo mossi dall'oramai odiatissimo negozio di attrezzature sportive attraverso il parcheggio pieno di morti, verso un blindato dei militari. Miriam alla guida, Anna e Roland nell'abitacolo con lei, e io e il soldato Joe nel cassone coi fucili spianati e i bagagli. Il tragitto non era molto lungo, l'abbiamo percorso in pochi secondi, travolgendo un paio di zombie e sparando a quelli più vicini. Non ci siamo preoccupati molto del rumore, perchè avremmo dovuto fare il trasferimento da un mezzo all'altro in pochi istanti e così è stato. Il blindato è un mezzo abbastanza grosso e pesante, con un abitacolo per 4 persone e un cassone coperto sul retro. Il soldato Joe ci ha spiegato, mentre guidavamo fuori da quell'inferno diretti verso la superstrada, che quello che stiamo usando è un mezzo di nuova generazione, chiamato Lince, blindato al punto che in Afganistan resiste a mine e colpi di bazooka. Ha un'autonomia di 500 km e può trasportare un paio di tonnellate di attrezzatura. Come se non bastasse nel cassone abbiamo trovato qualche tanica di carburante piena e un paio di fucili d'assalto in più con un buon numero di munizioni. Chiunque l'abbia portato dov'eravamo noi, ci ha fatto un bel regalo, prima di fare una fine di merda. Il tragitto sulla superstrada e poi sulla tangenziale è stato abbastanza tranquillo. Certo, c'erano automobili abbandonate un po' ovunque, ma a noi non interessava correre. Ne abbiamo incontrati solo un paio in prossimità dell'uscita della tangenziale, che camminavano in un modo quasi ridicolo verso di noi. Con la luce dei fari puntata su di loro, sembravano mimi su un palco. Gli abbiamo fatto saltare la testa con i fucili d'assalto.

Il centro di Pozzuoli è tutta un'altra storia invece. Le macchine sono talmente ammassate e ci sono talmente tanti mostri per strada che affrontare tutto di notte sarebbe stato un suicidio. Abbiamo girato un bel po', e fatto anche un bel po' di casino tra il blindato e un paio di colpi sparati agli zombie più vicini, tanto che per entrare nella casa in cui siamo ci abbiamo quasi lasciato la pelle. Oggi non ci siamo mossi perchè tutto il trambusto di ieri notte ne ha attirati un po' troppi qui intorno.

Appena possibile, ci muoveremo.

mercoledì

17 Agosto 2011

Mi sono svegliato pensando a mio fratello. Non che non ci avessi pensato in questi giorni. L'ultima volta che l'ho sentito doveva essere marzo o aprile, poco prima del collasso delle comunicazioni. Sembrava tranquillo, cazzo in quel periodo nessuno si aspettava tutto questo. Chissà ora che fine ha fatto... spero per lui che sia riuscito a salvarsi, a nascondersi, o spero che sia morto, morto davvero, e non sia diventato uno di loro. Se mai dovessi incontrarlo, se mai mi trovassi faccia a faccia con lui, e lui fosse diventato uno di loro, giuro che metterei fine al suo tormento con le mie mani. Non potrei mai lasciare che rimanesse in questo miserabile stato.

La situazione qui non la reggo più. Stiamo perdendo la testa. La claustrofobia e la paura ci stanno facendo impazzire. Non reggo più tutto questo stress, le urla per un nonnulla, le paranoie. E a risentirne non sono solo io, anche la piccola Anna non sorride più, non gioca più. Si stringe al piccolo Roland, accarezzandogli il pelo senza dire una parola. Si fa sempre più presente nella mia testa l'idea di andarmene e lasciare qui questo branco di pazzi. Sarei solo, è vero, ma qui la situazione sta degenerando. Il soldatino si diverte a fare il capo, e sembra che abbia sviluppato anche un certo sadismo. Sempre più spesso sale sul tetto e passa ore a osservare i morti che camminano fuori dall'edificio. Un paio di giorni fa sono salito per fumarmi una sigaretta e l'ho trovato col fucile puntato verso un gruppetto di sei o sette zombie. Quando si è accorto di me si è voltato, con degli occhi da pazzo e mi ha detto: “Voglio tu sappia che io non esiterei un momento a piantare un proiettile in fronte ad ognuno di voi se doveste diventare come loro. Promettimi che farai lo stesso con me.”. È rimasto a fissarmi aspettando una risposta che io non riuscivo a dargli, stavo lì con la sigaretta che ancora spenta pendeva dalle labbra. Lui ha sorriso ed è sceso giù. Miriam cerca di mantenere la calma, ma è chiaro che anche lei è al limite. Sta sempre a parlare tra sé e sé, non gioca più con la figlia, rimane sempre in disparte. Gennaro, il vecchio, beh... lui si è suicidato. L'ho trovato io nel magazzino, appeso per il collo ad una trave. Nessun biglietto come nei film, solo la immobile passività di quel corpo appeso con le corde delle tende da campeggio, un rivolo di sangue dove la corda ha escoriato la pelle e nient'altro.

Abbiamo avvolto il suo corpo in un telo e l'abbiamo gettato dal tetto.

Devo andarmene da qui.

10 Agosto 2011

Non è stato un bel periodo... con quello che è successo...
Dopo aver ucciso quella decina di cazzoni c'è stato un forte suono di schianto, e come degli imbecilli siamo andati lentamente in quella direzione. Come potevamo sapere?

Il rumore veniva dal reparto elettrodomestici, ma arrivati lì non abbiamo visto nulla, a parte un grosso televisore fracassato sul pavimento. Ma poi alzando gli occhi abbiamo visto.
Lui, il tizio del parcheggio, quello che mi seguiva. Stava lì, in piedi sulla cima di uno scaffale a guardarci, con i suoi occhi rossi e un'espressione di sfida. Non era come tutti gli altri cazzo di zombie, lui ci stava prendendo per il culo. 
Ci stava sfidando.
Joe ha dato una forte spallata allo scaffale facendolo cadere e il mostro è crollato giù travolto da una miriade di apparecchi elettronici, ma poi si è rialzato, lentamente, e ci guardava mentre estraeva dal suo torace pezzi vari di plastica o metallo conficcati nella carne. Abbiamo iniziato a correre, totalmente presi dal panico, e lui ha lanciato un urlo e ha iniziato ad inseguirci. Non so dire perché non l'abbiamo fatto secco lì sul posto... siamo stati completamente presi alla sprovvista, nessuno di noi si aspettava una cosa del genere. Ci siamo nascosti dietro un angolo e nella totale oscurità Joe. sporgendosi oltre il muro, ha sparato un paio di raffiche nella direzione da cui venivano i passi in corsa di quel cazzo di abominio. Dopo qualche secondo di totale silenzio abbiamo acceso le torce, e l'unica cosa che abbiamo visto è stata qualche macchia di un fluido che solo lontanamente sembrava sangue. Senza pensarci due volte abbiamo preso la via per l'uscita, il più silenziosamente possibile, ma è stato inutile. Eravamo quasi fuori quando il mostro è saltato giù dal soffitto o da dove cazzo stava ad aspettarci e ha preso Totò, usandolo come scudo e mordendolo sul collo. Non sapevo cosa fare davanti a quello spettacolo, ma Joe ha preso la decisione più razionale, uccidendo entrambi con un colpo in mezzo agli occhi. 

La decisione più razionale, non la più giusta.

Al momento non riuscivo a pensare, sono saltato in macchina con il soldatino e siamo tornati di corsa dagli altri con quello che siamo riusciti a recuperare. Solo dopo, ore dopo, quando il senso di shock mi ha lasciato, ho riflettuto. In lontananza, come da dietro un muro di ovatta, sentivo Joe e Miriam discutere molto, molto animatamente, mentre dentro di me non riuscivo a non pensare di essere diventato un mostro.

Un ragazzino ci ha rimesso la pelle per un paio di latte di fagioli. Questo è il mondo che ci aspetta da oggi in poi. Come cazzo possiamo solo sperare di andare avanti? Quando tutto il cibo in scatola sarà finito o marcito, come andremo avanti? Coltiveremo la terra? Magari ci faremo aiutare da quel bruttone in lontananza senza un braccio che cammina barcollando verso di noi. Sto dormendo malissimo, ho costantemente davanti agli occhi il ragazzino con i denti del mostro conficcati nella carne. Mi ripeto che era già morto, che abbiamo fatto bene. Mi ripeto queste frasi una dopo l'altra come un rosario, ma non riesco più a dormire comunque.

sabato

6 Agosto 2011

Questa mattina presto, alle prime luci dell'alba, siamo andati in missione.
Joe ha cacciato dal magazzino tre tute antisommossa della polizia; dice che le ha recuperate prima di rifugiarsi qui dentro da uno dei furgoni che stanno qui fuori, in attesa del giusto momento per utilizzarle. Mi sembrava stranamente eccitato da tutto questo.
I tre prescelti ovviamente siamo stati io, il soldato Joe e Totò, anche perché oltre noi tre il resto dei sopravvissuti consistono in un vecchio e una mamma con una bimba piccola. Così bardati, con i caschi blu, gli stivaloni, i guanti e le protezioni a torace, ginocchia e gomiti, mi sentivo un po' come quegli invasati che manganellavano i ragazzini alle manifestazioni. Ovviamente non l'ho detto ad alta voce, avevo come l'impressione che il soldatino ne sarebbe stato un tantino contrariato. Io ho preso anche la mia pistola e il fucile d'assalto, Joe si è portato un fucile identico al mio e una pistola mitragliatrice Uzi. A Totò, nonostante le mie proteste, non abbiamo dato armi da fuoco, ma solo una mazza da baseball e una da hockey. Cazzo, sembrava quel tizio nel cartone animato delle Tartarughe Ninja.
Scherzi a parte, devo confessare che stamattina mi sentivo molto sicuro all'interno della mia bardatura, gli unici centimetri di pelle esposta erano quelli sotto la visiera del casco, ed ero molto determinato ad impedire a chiunque di arrivare così vicino. Prima di andare, abbiamo lasciato a Miriam e Gennaro, il vecchio, una pistola ed il fucile di mio nonno.

Per andare all'edificio principale del parco commerciale abbiamo deciso di prendere il mio Mitsubishi, dato che è vicinissimo alla porta. Abbiamo portato anche un paio di balestre, silenziose e letali, con una buona scorta di dardi. Io e Totò siamo saliti in auto, indossando sempre i caschi per via dei vetri incrinati, mentre Joe si è messo nel cassone con le balestre e le sue armi da fuoco. Abbiamo concordato di passare per la stradina di servizio sul retro degli edifici piuttosto che per l'ampio parcheggio, ancora pieno di morti viventi. È stata una corsa folle, con Joe che con la balestra ha sparato a due o tre zombie che si sono avvicinati troppo. Sembrava uno di quei merdosi film horror di serie z, ma alla fine siamo riusciti ad arrivare integri all'edificio principale, dove ci aspettava la parte più pericolosa della nostra spedizione. Siamo stati qualche secondo fermi davanti all'entrata, cercando di recuperare il coraggio necessario e di calmare gli agitatissimi battiti del cuore. O almeno per me è stato così.
Dopodiché siamo entrati.

L'edificio è a pianta rettangolare, con due corridoi paralleli che lo tagliano in lungo e 3 o 4 corridoi più piccoli ad unire i due principali, il tutto a fare da contorno ad una miriade di negozi in prevalenza di abbigliamento, e al grande supermercato che sta da un lato di uno dei corridoi principali. Tutto era completamente diverso dall'ultima volta che ci sono stato. Prima era tutto colorato, invaso da persone, musica di sottofondo, annunci pubblicitari, caos... invece stamattina era buio, silenzioso, spettrale. Tenevamo i fasci delle torce molto bassi per non attirare troppo l'attenzione di qualche eventuale ospite. C'erano cadaveri riversi sul pavimento in pose innaturali, molte pozze di sangue, molti segni di trascinamento o schizzi. Non voglio nemmeno immaginare come siano andate le cose lì dentro. Sentivo chiaramente Totò tremare, mentre stringeva la sua mazza da hockey puntandola dove puntava la torcia. Non osavamo parlare, comunicavamo a gesti. Siamo andati subito in direzione del supermercato, entrando dal lato del reparto ortofrutticolo, e subito il fetore di frutta e verdura marcia ci ha assalito. Prevedibile. Il nostro obiettivo era cibo in scatola, che avrebbe dovuto essere ancora in buone condizioni.

Quando ci hanno assaliti stavamo riempendo gli zaini. Erano una decina, e correvano verso di noi da entrambi i lati del corridoio in cui ci trovavamo. Totò si è buttato per terra con la testa tra le ginocchia, urlando di paura, mentre io e Joe ci siamo messi schiena a schiena, come in un pessimo film d'azione, e abbiamo fatto fuoco con i fucili d'assalto. Il tutto è durato mezzo minuto, non di più. Una sventagliata di mitra e i brutti mostri cattivi erano tutti per terra. Uno, ancora vivo, tentava di trascinarsi con le mani verso di noi, ma Joe gli ha sfondato la testa col calcio del fucile. Siamo rimasti per un'eternità in completo silenzio, cercando di capire se tutto il rumore che avevamo fatto ne avesse attirati altri, dopodiché abbiamo continuato il nostro giro di ricognizione.


Ma ora sono stanco.

Continuerò presto.

lunedì

1 Agosto 2011

Normalmente questo sarebbe periodo di vacanze.
Normalmente la gente in questo periodo sarebbe andata al mare, in montagna, all'estero.
Magari sarebbe rimasto anche qualcuno a lavorare, bestemmiando nella calura estiva.

Ma il tempo della normalità è finito, almeno per come la intendevamo noi.

Anche noi sopravvissuti non siamo più normali, siamo diventati spettatori forzati del declino dell'essere umano.
Quando noi non ci saremo più, il mondo sarà loro.

È così in tutto il mondo? Cristo, come cazzo si può saperlo? Ma se non lo fosse, perché qualcuno non viene a salvarci?

L'altro giorno il ragazzino, Totò, ha dato di matto. Ha avuto una crisi di nervi e ci è voluto un bel po' per tranquillizzarlo. Continuava ad urlare che siamo fottuti, che non ci aiuterà mai nessuno, che siamo in quarantena e il resto del mondo sta solo aspettando che moriremo tutti.
E se fosse davvero così? Cristo... è impossibile... e poi prima del black-out arrivavano notizie di situazioni analoghe anche dagli altri paesi...

Stiamo entrando in paranoia. La clausura e la convivenza forzata, l'agitazione e la paura, ci stanno fottendo il cervello, arrivando anche a metterci gli uni contro gli altri. Le discussioni si fanno sempre più frequenti, anche per cazzate.

Cumuli di cadaveri si affiancano ai cumuli di immondizia che si erano ammassati per le nostre strade prima di tutto questo, marcendo insieme sotto il sole estivo. Siamo obsoleti. Una nuova razza ha preso il nostro posto.
Moriranno prima o poi? Qualsiasi cosa li mantenga in piedi, si fermerà prima o poi? Questo sarà l'avvenimento che ci porterà all'estinzione o ne usciremo rinati?

Forse semplicemente la Madre Terra si è stancata di noi, abbiamo preteso troppo e siamo stati puniti. La nostra parabola alla fine è diventata discendente. Magari loro sono il vaccino al cancro che abbiamo rappresentato per questo pianeta. Finita la loro missione, quando anche l'ultimo essere umano sarò morto, magari scompariranno anche loro, e la Natura riprenderà il suo corso, si riprenderà i suoi spazi. Le città scompariranno in una rinascita vegetale, e saranno abitate da esseri viventi più rispettosi di quanto noi siamo mai stati. Niente più cemento, niente più immondizia, niente più guerre, niente più distruzione incontrollata dell'ambiente. Il fottuto riscaldamento globale, il buco dell'ozono, l'inquinamento, il petrolio in mare, tutto tornerebbe alla normalità senza di noi. 

A vederla così quasi quasi ci trovo qualcosa di poetico. Madre Natura ha attivato il suo fottuto antivirus.